lunedì 6 ottobre 2014

Mario Sironi 1885-1961



La lezione di tragedia di Mario Sironi

E’ una retrospettiva in grande stile la mostra Mario Sironi 1885-1961, inaugurata il 4 ottobre al Complesso del Vittoriano, dove rimarrà fino all’8 febbraio, e curata da Elena Pontiggia.

Novanta dipinti, bozzetti, riviste e un importante carteggio col mondo della cultura del Novecento compongono un’esposizione che parte dalle creazioni giovanili fino ad arrivare alle opere degli ultimi giorni per far conoscere meglio un artista di statura europea, rimasto probabilmente penalizzato dalla sua vicinanza al fascismo.


“Per me la sua pittura è una lezione di tragedia… Non c’è pittore che valga i suoi quadri” scriveva Gianni Rodari, suo amico personale, nonché suo vero salvatore in quanto impedì che Sironi venisse giustiziato in una rappresaglia partigiana.
“L’Arte non ha bisogno di riuscire simpatica, ma esige grandezza, altezza di principi” era il principio ispiratore di Mario Sironi che aderì al fascismo nella speranza di esaltare la funzione educatrice della creatività, votandosi a una fruizione popolare dell’opera d’arte attraverso la pittura murale e il mosaico, democraticamente rivolti alla società nel suo insieme. Lontano però dai compiacimenti opportunistici e dalla visioni trionfalistiche della propaganda, il punto di vista sulla realtà di questo originale artista è antigrazioso, enigmatico, perturbante, vicino alla ricerca della verità storica, alla presa di coscienza del destino umano, alla scoperta della caducità esistenziale e della fatica angosciosa dell’impegno quotidiano. I suoi soggetti soffrono in una ieratica umiltà che si nutre di un’etica austera e spesso disperata. 


Poco incline alla retorica dei suoi anni e privo di velleità eroiche, come quando decise di rimanere nella sua casa di Milano sotto i bombardamenti per non lasciar morire da solo un pipistrello che vi aveva trovato rifugio, Sironi rivisitò i modelli prerinascimentali, proseguendo la lezione di Boccioni con virate espressioniste e incursioni sublimi nella neometafisica.



Oltre venticinque bozzetti rappresentano la sua intensa collaborazione con la Fiat, insieme a tante copertine di riviste, proprio a conferma della sua intenzione di mettersi a servizio di un godimento collettivo dell’arte.
Un percorso di stupefacente ricchezza, per la quantità dei materiali offerti al pubblico, rivela luci e ombre di un passato con cui dobbiamo imparare a fare i conti come già accadde a questo artista dal respiro internazionale.


Le mille facce di una personalità inquieta, in bilico tra fascinazioni e delusioni, fra esaltazioni e fallimenti, tra classicità e contemporaneità, ripropongono nelle sale del Vittoriano gli interrogativi senza risposta della nostra vicenda italica che oggi più che mai apre baratri profondi di insicurezza. Non a caso, l’ultima opera, autentico testamento spirituale, è proprio l’Apocalisse, datata 1961, proveniente da una collezione privata.
Tra presentimento, delirio mistico e aspirazione all’altrove, Mario Sironi diventa oggi più complice che mai della deriva solitaria, lacerante e forse inevitabile di una nazione che avrebbe potuto essere gloriosa.

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