venerdì 3 ottobre 2014

Arnaldo Pomodoro. Spazi scenici e altre architetture

Antonio Calbi celebra l'incontro fra Arnaldo Pomodoro e il teatro

Spirito eclettico rinascimentale e genio organizzativo contemporaneo, il neodirettore del Teatro di Roma Antonio Calbi ha anche ideato, curato e promosso la mostra Arnaldo Pomodoro. Spazi scenici e altre architetture, ambientata presso il CAOS (Centro Arti Opificio Siri) di Terni dall'11 ottobre al 18 gennaio.

Merita una visita speciale questa esposizione grandiosa e ricchissima che cattura lo spettatore nell'universo del meraviglioso di una concezione scenica barocca e avveniristica al tempo stesso.

L'artista di fama internazionale è qui svelato in un itinerario poco conosciuto del suo lavoro, documentando oltre 50 anni di progettazione di spazi scenici e della dimensione monumentale e urbana fra sculture, scenografie, modellini, costumi e studi architettonici.

Modellino della scena finale con il grande disco per Madama Butterfly di Giacomo Puccini, Torre del Lago Puccini, Gran Teatro all’aperto, 2004 
(foto Aurelio Barbareschi)

E' dal 1972, infatti, che ha avuto inizio la sua assidua collaborazione con il teatro, la lirica e la danza con oltre 50 progetti della scena che non costituiscono di certo incursioni estemporanee. Nel solco della visione registica di Craig e di Appia, Pomodoro non considera lo spazio scenico figlio della finzione in un'ostentata volontà di rappresentazione del reale, bensì un ambito in cui sperimentare soluzioni materiche e volumetriche con elementi simbolici, metafisici, tridimensionali e praticabili a cui si aggiunge il tempo, grazie al movimento. Le scenografie diventano così vere e proprie regie che contribuiscono alla temperatura e alla riuscita dello spettacolo, vincolando gli attori in posizioni non sempre comode, ma di sicuro effetto visivo ed emotivo sul pubblico.

Le Vespe di Aristofane, Siracusa, Teatro Greco, 2014. Un momento dello spettacolo 
(foto Tommaso Le Pera)

Noto per obelischi, sfere e steli, Pomodoro concepisce una scultura in grado di rivelare la struttura molecolare delle forme e le sue opere non si possono limitare all'arredo urbano in quanto sono elaborate in stretta e sinergica relazione con il contesto ambientale e non nell'ottica del laboratorio in cui nascono.
L'artista è legato alla città di Terni, che ora gli rende questo fantastico tributo, in virtù dell'opera Lancia di luce, concepita nel 1995 per Piazza del Popolo, per indicare in un unico simbolo l'idea dell'evoluzione tecnologica e la pregnanza storica delle acciaierie, nonché per il Carapace, la cantina commissionata dalla famiglia Lunelli per la Tenuta Castelbuono di Bevagna.


Carapace, 2005-2012. Veduta della cantina nella Tenuta Castelbuono, Bevagna 
(foto Dario Tettamanzi)


Si ammira in quest'ultimo caso l'atterraggio sulla natura umbra di una struttura, un po' corazza di tartaruga un po' ufo, rivestita di rame, riprendendo il colore delle viti d'autunno con costoloni e vetrate disposte a un dialogo evidente fra interno ed esterno. Dai filari si approda verso il luogo in cui il vino riposa. Una scala a chiocciola perfora lo spazio e introduce nella cantina come in una specie di utero in una dimensione simile a quella realizzata per Oreste di Alfieri con Gabriele Lavia al Teatro Argentina di Roma.

Oreste di Vittorio Alfieri, Roma, Teatro Argentina, 1993. Un momento dello spettacolo 
(foto Tommaso Le Pera)

"Arnaldo è sensibile e attento all'attualità più di ogni altro" ha commentato Antonio Calbi. "Si addolora per tutto quello che accade nel mondo, forse perché dall'alto dei suoi 88 anni, ha conosciuto un momento culturale florido e soffre le criticità che la nostra nazione esprime. Da giovane ha studiato da geometra e ha lavorato nel Genio Civile, nelle Marche del dopoguerra, per la ricostruzione degli edifici pubblici distrutti. Sin dalle sue prime esercitazioni, ha quindi dato segno di quella texture e di quel linguaggio simbolico che attinge alla Mesopotamia e all'antichità.

L'Orestea di Gibellina - Agamènnuni di Emilio Isgrò da Eschilo, Gibellina, Ruderi, 1983. Un momento dello spettacolo con la Rotella fantastica 
(foto Patrizio Nesi)

Da piccolo ha inoltre assistito lo zio, siparista del Teatro Galli di Rimini, mai ricostruito. Ha vissuto così l'atmosfera di un teatro d'Opera, con tanto di scenografie e costumi. Franco Quadri gli fece incontrare Luca Ronconi, il più visionario dei nostri registi, malato della stessa grandeur di Pomodoro. Ne nacque l'evento mai rappresentato di Caterina di Heilbronn di Kleist che nel 1972 doveva restituire questa tragedia della follia sulle acque del lagodi Zurigo con gli spettatori che seguivano gli attori navigando su zattere. La rottura di una fune d'acciaio indusse la commissione di vigilanza a proibire il debutto e lo spettacolo venne così ridimensionato per una versione al chiuso. Da allora il teatro è diventato una costante nella sua vita artistica con risultati sorprendenti. Dorfles ha coniato per Pomodoro l'espressione "architettonizzazione" dello spazio a suggellare il suo fitto e continuo dialogo con gli elementi naturali e con gli ambienti".

Info: http://caos.museum


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