giovedì 6 maggio 2010

Copenaghen

Tre attori perfetti per un caso scientifico irrisolto

E’ sicuramente “un processo privato a porte chiuse”, come ama definirlo il suo regista Mauro Avogadro, ma è ormai soprattutto uno spettacolo di culto “Copenaghen” di Michael Frayn, capolavoro scenico di un trittico d’interpreti d’eccezione come Umberto Orsini, Giuliana Lojodice e Massimo Popolizio che fin dal suo debutto all’India dieci anni fa ha messo d’accordo la critica meno reazionaria e asservita e il pubblico più scaltro e appassionato.
Niels Bohr (Orsini) e Werner Heisenberg (Popolizio) sono due delle più brillanti menti scientifiche del ventesimo secolo e la questione nodale della pièce è trovare finalmente un senso all’incontro che nel settembre 1941 li vide faccia a faccia nella capitale danese, mentre attorno a loro infuriava la seconda guerra mondiale. Ancora oggi, quando i loro spiriti tornano a rivivere i momenti cruciali di quella notte fatale, insieme a Margrethe, la moglie di Bohr, molti degli interrogativi di allora sembrano restare irrisolti o “indeterminati”, come l’omonimo principio fisico che lo stesso Heisenberg enunciò per primo. Perché Heisenberg, il fisico Premio Nobel che diresse le ricerche tedesche per la bomba atomica, si recò a incontrare il suo vecchio mentore, il fisico Niels Bohr, un ebreo danese, cittadino scomodo in una Copenaghen occupata dai nazisti?

Miracoloso e magico confronto tra scienza e teatro, fra documentazione storica e fantasia drammatica, fra indagine psicologica e talento recitativo, questo lavoro apre una nuova prospettiva al panorama scenico italiano, proiettandolo in una dimensione internazionale.
Nell’impossibilità di chiarire in maniera inequivocabile le ragioni di un appuntamento avvolto dal mistero, l’allestimento dimostra tuttavia quanto il teatro possa essere il mezzo ideale per parlare e riflettere su temi importanti e attuali in una trama da thriller scientifico che ripercorre la storia dell’ultimo conflitto mondiale. Fra teorie, formule e disquisizioni sottilmente scientifiche, lo spettatore è chiamato a rivivere i dilemmi di chi, con i suoi studi e la sua esperienza personale, ha dovuto fare i conti con la sostanziale fuggevolezza della verità e del senso delle cose, e a porsi gli stessi interrogativi morali o le medesimi questioni cruciali.
Il tutto assicurato dalla complicità di tre delicati, sensibili e travolgenti attori che affidano le loro doti innate e acquisite alla qualità del disegno registico di Mauro Avogadro, un tracciato studiato per rendere espliciti i diversi piani narrativi e i molteplici intrecci in cui si sviluppa la drammaturgia, con cui si realizza felicemente un’operazione che conferma al teatro il privilegio di essere un luogo d’elezione per riscoprire il valore e la forza delle relazioni umane.

AL TEATRO ELISEO DALL'11 AL 23 MAGGIO

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