giovedì 6 maggio 2010

Arnoldo Foà, Autobiografia di un artista burbero, Sellerio, 2009

Ritratto di un eterno ragazzo

Si legge tutto d’un fiato, in ordine cronologico o aprendo a caso, il libro schietto e credibile a cui Arnoldo Foà ha donato le sue memorie di uomo prima ancora che di artista. Dall’infanzia alla scoperta traumatica e inaspettata della persecuzione in quanto ebreo, dagli impegni teatrali sotto falso nome per sfuggire alle leggi razziali alla gloria di palcoscenico, cinema e televisione, dagli amori travolgenti e passionali ai sacrifici economici, il percorso di una lunga vita si snoda rapido e incisivo, grazie a uno stile parlato diretto quanto accurato e pertinente. Si incontra così una figura consapevole e indipendente che attraversa l’esistenza con coraggio e infinita levità, non lasciandosi mai contaminare dagli altri, anche i più amati, né dalla fama e dal successo.


Foà si rivela prima tutto attaccato ai valori essenziali dell’umanità, dimostrando di saper rinunciare a ogni garanzia materiale e di poter ricominciare da capo dopo ogni sconfitta. Indomito e umile, eppure mai servile anche quando difendere la sua integrità significa perdere la protezione di registi o colleghi importanti, non è disposto a tradire le sue idee o la sua natura caratteriale, affrontando la professione con scrupolo, zelo e perfezionismo, senza tuttavia diventare mai schiavo della notorietà. Ogni persona che si affaccia al rapporto con lui viene descritta nella sua autenticità, tenendosi lontano da giudizi ed etichette, in un mutuo scambio di esperienze che diventa crescita comune nel reciproco rispetto della propria diversità. E nelle pagine scorre la linfa di tanta storia del nostro travagliato Paese in sintonia con una deliziosa ricostruzione dei tempi d’oro del teatro italiano: Foà è l’anziano saggio che la narra ai posteri, ma scopre soprattutto la sua immagine di artista, eterno bambino che prova stupore e curiosità per il mondo. Si definisce "burbero" per la sua esigenza di correttezza e verità, in realtà è "benefico" nella sua necessità di esprimersi senza dare lezioni a nessuno, non indulgendo alla potenza da mattatore e consegnandosi a quell’immortalità che soltanto l’arte ha per scopo.

Nessun commento:

Posta un commento